Il dibattito sul salario minimo continua a dividere il mondo della politica e del lavoro e le sue potenziali implicazioni per le Micro, Piccole e Medie Imprese (MPMI) preoccupano FederTerziario.
In una intervista con il magazine digitale Rassegna Business, Emanuela D’Aversa, responsabile ufficio Relazioni industriali della Confederazione, ha sottolineato il rischio che la misura possa incentivare le imprese a disapplicare i contratti collettivi nazionali, con effetti distorsivi sul mercato del lavoro.
«Nei fatti è già il sistema della contrattazione collettiva nazionale a proteggere i lavoratori dal punto di vista delle prestazioni economiche e dei diritti, e sinceramente non vedo al momento quali potrebbero essere gli strumenti che possano arginare la fuga dai contratti – sostiene D’Aversa -. Sarebbe, semmai, opportuno estendere la già capillare applicazione dei contratti collettivi che, pur non rendendo obbligatoria l’introduzione del salario minimo, garantiscono e tutelano il lavoratore anche in termini di una giusta retribuzione attraverso l’interlocuzione e il confronto tra le parti sociali».
Nel corso dell’intervista la responsabile delle Relazioni industriali di FederTerziario analizza i rischi e le opportunità, fornendo spunti di riflessione fondamentali per imprenditori, professionisti e policy maker.
«Ricorrere al salario minimo, in un sistema come quello italiano in cui la contrattazione collettiva assimila la quasi totalità dei lavoratori subordinati – prosegue D’Aversa – potrebbe determinare quanto già sta avvenendo in Europa con la fuga dal contratto collettivo e la conseguente perdita da parte dei lavoratori di tutta una serie di tutele e benefit: formazione continua, flessibilità, welfare anche legato alla bilateralità».
