Il decreto Bollette, varato il 28 febbraio, rappresenta un primo passo importante nella direzione giusta. Ma non basta. E se lo strumento normativo varato dal governo Meloni ha permesso alle micro, piccole e medie imprese di ottenere una riduzione degli oneri di sistema per alcune aziende, alleggerendo parzialmente il peso delle fatture energetiche, dall’altro per migliaia di mpmi il caro energia continua a rappresentare un problema strutturale.
Nonostante i crediti d’imposta e le agevolazioni introdotte, le bollette di luce e gas restano molto più alte rispetto ai livelli pre-crisi, con rincari che in alcuni casi sfiorano ancora il 50%. Il calo dei prezzi all’ingrosso non si riflette ancora in modo significativo sui contratti in essere, e molte pmi continuano a subire gli effetti di vecchie forniture stipulate in piena emergenza.

A rendere il quadro ancora più incerto è la fine del mercato tutelato, che coinvolge anche le microimprese. Senza strumenti adeguati per orientarsi nel mercato libero, molte aziende rischiano di firmare contratti sfavorevoli, aggravando ulteriormente i costi. Per questo, servono interventi più incisivi e strutturali: incentivi agli investimenti in efficienza energetica, sostegno all’autoproduzione da fonti rinnovabili, regole più chiare sul mercato libero e un sistema di tutela pensato anche per chi ha meno potere contrattuale. Le pmi italiane, cuore produttivo del Paese, non possono essere lasciate sole davanti a una transizione energetica che, senza misure concrete, rischia di diventare una zavorra anziché un’opportunità.









